venerdì 17 dicembre 2010

POSILLIPO . LA RISTRUTTURAZIONE

Appartamento antico sito a Posillipo:    

RISTRUTTURATO TOTALMENTE 

COMINCIANDO D I SOLAI




Piatto in cartapesta e resina dipinto a mano -  Labone
- cuscini di Stefania Riccio e Gabriella Pezzullo "Textile
Tiles" - 

Ristrutturazione dell'Arch. Diana Buonomo la Rossa 

                     LA CUCINA 






                              IL SOGGIORNO


IL SOPPALCO

                LA CAMERA (PANORAMICA)  DA PRANZO



RISTRUTTURAZIONI DI APPARTAMENTI ANTICHI E MODERNI, RIPRISTINO PARTI CONDOMINIALI,  PERIZIE TECNICHE, RECUPERO E CONSOLIDAMENTO FACCIATE, ABITABILITA' TERRAZZI.



                  TAVOLO IN MARMO                  E PIETRA  della ditta RUSSO



                      L'ANTICAMERA



--STUDIO TECNICO DI ARCHITETTURA,
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--ANTICHI E MODERNI,
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                    UN TERRAZZO A NAPOLI




Tanti lavori di ristrutturazione tante soluzioni per rendere appartamenti malandati e dismessi confortevolmente moderni e piacevolmente abitabili, recuperando anche sotto tetti, sotto scala , creando soppalchi abitabili e recuperando spazi precedentemente inutilizzati



STUDIO TECNICO LEGALE
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Riviera di Chiaja 80121 NAPOLI ITALIA
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PROGETTI, ristrutturazioni , soluzioni nuove,
restauro e ripristino appartamenti e parti
condominiali di palazzi di ogni epoca e
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LA CAMERA BAMBINI




Tante soluzioni per rendere appartamenti malandati e dismessi confortevolmente moderni e piacevolmente abitabili, recuperando anche sotto tetti, sotto scala, creando soppalchi abitabili e recuperando spazi precedentemente inutilizzati

ANDRONE E GUARDIOLA  a Posillipo






http://youtu.be/rC1uIOslTT8  

  https://www.youtube.com/watch?v=rC1uIOslTT8&feature=youtu.be



giovedì 16 dicembre 2010

La storia dell'urbanistica e dell' architettura di Napoli

La storia dell'urbanistica e dell' architettura di Napoli si può far cominciare dalla colonizzazione di Partenope che risale all'XI SECOLO A.C. da parte di mercanti achei.

Il territorio colonizzato è l'altura di Pizzofalcone.
Le origini Neapolis, città di fondazione greca, dovuta alla vittoria del tiranno IERONE, si caratterizza per uno schema planimetrico tipicamente ippodameo:
tre grossi DECUMANI (Via dei Tribunali, Via Anticaglia e Via San Biagio dei Librai) e da numerosi CARDI che intersecano questi ad angolo retto, formando insule da 167x37m. Il foro di Neapolis è posto in asse con il decumano maggiore ed è ancora oggi visitabile, negli scavi delle fondazioni della CHIESA DI SAN LORENZO.
Colonna di spoglio del Tempio dei Dioscuri, nel foro di Neapolis,
La troviamo ancora oggi sulla facciata ella della vicina
CHIESA DI SAN PAOLO.
In posizioni più periferiche troviamo ancora edifici termali e stadi.]
Napoli Medioevale



In epoca medioevale anche Napoli assiste ad una forte contrazione economica, sociale e demografica. In epoca Angioina si registra l'unificazione del REGNO DI NAPOLI. Tra gli edifici di maggior importanza costruiti in questo periodo ricordiamo il CASTEL CAPUANO che permise l'apertura della città verso l'hinterland a nord-ovest,ed il CASTEL DELL'OVO.


Questi due bastioni permettevano il controllo della città da nord-ovest e dal mare.
Tra le iniziative di CARLO I icordiamo la bonifica di vasti territori paludosi, l'incoraggiamento all'edificazione privata, la costruzione della CHIESA DI SANT' ELIGIO , della TORRE DI SAN VINCENZO, di un ospedale e di un nuovo mercato, la sistemazione di strade, acquedotti e canali di irrigazione.
San Lorenzo di Paolo Izzo

La riscoperta dignità della nostra città, ha da tempo restituito alla memoria storica dei cittadini i luoghi canonici. I
l tempo, sia pur breve, trascorso da quando Napoli ha smesso di essere solo luogo comune, ha ridonato anche il gusto della scoperta. E’ accaduto come nell’età di mezzo, quando l’impegno dell’oscuro amanuense - nello scriptorium di un convento
- teso alla riproduzione dei testi ostracizzati dal potere costituito,
ci ha trasmesso quasi tutta la tradizione che la Grecia ha
saputo produrre (come anche il pensiero di matrice orientale
da cui quella mutuava).


Napoli, quella dei primi colonizzatori, quella della torre Faleria e della Sirena Partenope è sempre rimasta lì sotto, cullata all’amorosa ombra di chi non ha dimenticato
Non molti, è vero, ma sufficienti a rendere conto del loro impegno al risveglio dei nostri sensi.
C’è stato un periodo in cui i napoletani sarebbero stati gli ultimi a cercare un tour cittadino diverso da quello degli itinerari tardoromantici e novecenteschi, con buona pace dei Colletta, dei Capasso, dei Croce e di tanti altri.
Ora, e da tanto, il giro per Napoli è quello dei tre principali Decumani e dei Cardini che tracciano ancora oggi, nel tessuto urbano conteso tra il tardo rinascimentale ed il barocco, i parametri tipici della polis greca.
E così è iniziato il Maggio di Monumenti; così dopo tremila anni le latomie e gli strati della città già emersi negli scavi per le fondamenta delle antiche chiese sono rientrati nel comune patrimonio della nostra cultura.
Proprio al centro della realtà urbanistica di Napoli, quella che oggi appare l’angusta Piazza San Gaetano può raccontarci la storia più completa ed affascinante della città.
E’ questo anche il punto d’inizio per l’esplorazione delle vestigia ctonie - come chiunque ormai sa - che sottostanno alle fabbriche di San Paolo Maggiore e di San Lorenzo.
Su San Paolo, non intendiamo qui soffermarci, se non per una breve nota. Ad esempio è stata costruita in parte con materiale di recupero dell’antico tempio dei dioscuri e sulle vestigia di quello.
Le due colonne dell’originario tempio sono ora in mostra sul
sagrato della fabbrica cristiana, dopo essere rimaste per lunghi secoli annegate nello spessore murario della facciata.
E’ San Lorenzo, invece, che ha qui la nostra principale attenzione. Sorge nel fulcro riconosciuto della città murata, intendendo
con ciò l’enclave dalle origini fino alla caduta della dinastia aragonese, alla quale si deve la costruzione dell’ultima e più esterna delle cinte murarie della città: il punto di incrocio tra il Decumano ed il cardine princip
ali della polis greca.
In tale punto - si sa - si svolgevano le principali attività: quella politica, quella dell'amministrazione della giustizia, quella del commercio.
Proprio qui, sotto i nostri piedi, si trova l'antica agorà.
E' normale che, in una struttura sorta in tal posizione, si sia continuato tradizionalmente a svolgere tali attività anche a notevole distanza di tempo dalla originaria deputazione.
In questo luogo si sono decise le sorti della città almeno fino alla Repubblica Partenopea del 1799, quando il generale Championnet ne acquartierò proprio in S. Lorenzo i governanti.
Sulla facciata della torre campanaria, fanno bella mostra di sé i vessilli in terracotta degli antichi organi rappresentativi della città che in quella sede lavorarono:
i sedili del popolo.
Nel 1647, Masaniello, dopo aver espugnato il deposito armi fino ad allora di stanza in S. Lorenzo, si affacciò al balcone della torre campanaria mostrando le chiavi della sede governativa di Napoli, e prom
ettendo al popolo che di lì a pochi giorni avrebbe mostrato quelle della città.
Al centro di tale storia, almeno negli ultimi millequattrocento anni, troviamo dunque costantemente la chiesa di San Lorenzo.
Non ovviamente come la vedete in questo momento.
Documenti confermanti l'esistenza di una basilica paleocristiana in questo luogo, dedicata al santo, li troviamo fin dal sesto secolo dell'Era Cristiana
(fu fatta probabilmente costruire verso il 550 dal vescovo Giovanni II, detto Il Mediocre),
poi nel X secolo (935).
In principio sotto la dipendenza di Aversa, fu resa ai napoletani dall’arcivescovo di quella città, Giovanni, nell'anno 1234.
Secondo B. Capasso, che individua la chiesa come "S. Laurentii in platea Augustali" per distinguerla dalle altre dedicate allo stesso Santo, la restituzione avvenne nel 1125.
Primi timidi interventi vengono effettuati in epoca Sveva: ne serbiamo traccia nei pressi del chiostro, al lato della sala capitolare, dove l'atrio del c
onvento mostra chiari caratteri architettonici di quel periodo.
La reale nascita della struttura, come la vediamo ora, è però essenzialmente dovuta al sentimento mistico ed al mecenatismo della casa d'Anjou.
A partire da Carlo I (con piccole battute d'arresto legate ai Vespri Siciliani del 1282, e del periodo di prigionia che patì il figlio del sovrano tra il 1284 e il 1288, ad opera degli Aragonesi), continuando con Carlo II, detto lo Zoppo, e poi con Roberto, fratello minore di Carlo Martello, a lui premorto.
La storia della basilica di S. Lorenzo,
da questo punto in poi, si intreccia con innumerevoli nomi di illustri regnanti, prelati, uomini di scienze, patrioti, politici e nobili a cui la città dovrà essere grata per averne ricevuto in eredità questo gioiello. E' importante capire come è nata la basilica. Siamo probabilmente al cospetto di una tra le più sorprendenti testimonianze del gotico in sud Italia.
Il fatto che committente fosse il giovane ordine francescano, ha permesso in quest
a fabbrica un’interessantissima commistione di tendenze architettoniche.
Troviamo sicuramente la mano di architetti francesi nella progettazione dell'abside, mentre sono di chiara impostazione italiana il transetto e la navata.
Per comprendere il perché, occorre tenere presenti le direttive stabilite nel capitolo generale dell'ordine francescano tenuto a Narbonne nel 1216.
... Le chiese non devono essere voltate, se non al di sopra dell'altare maggiore. ...L'ornamentazione troppo vistosa e troppo lussuosa contraddice la povertà, e noi ordiniamo che si eviti di trasformare le chiese in edifici di curiosità pubblica, sia per le pitture di ornamento delle finestre vetrate, per le colonne, come per le dimensioni troppo grandi. ... In nessuna parte si dovranno fare delle finestre colorate ed ornate di figure, ad eccezione della finestra principale dietro l'altare maggiore. ...
E' proibito porre sull'altare o altrove, dei quadri di valore e curiosità. ...
Si dovranno togliere dalle chiese tutti gli accessorii, crocifissi, vasi ed altri utensili d'oro.
... E così via.....
La ricca struttura absidale, porta senz'altro la firma degli architetti francesi, tra cui Pietro di Angicourt, Giovanni di Toul e Pietro di Chaulnes.
Ciò è sicuro perché, proprio in quegli anni, tali personaggi erano a Napoli impegnati nella costruzione di Castelnuovo, il cui committente, Carlo I d'Angiò, non dimentichiamo che era anche il finanziatore per la costruzione della basilica di S. Lorenzo (in teoria, questo lo si potrebbe anche intendere come una sorta di risarcimento, visto che i francescani avevano dovuto rinunziare al loro precedente insediamento, il convento di S. Maria ad Palatium, che dovette essere abbattuta per lasciare spazio appunto al Castelnuovo).
Transetto e navata che, come abbiamo visto, essendo ad utilizzo degli uomini dovevano essere strutturati in modo tale da non distogliere l'attenzione dal mistero celebrato sull'altare, hanno registrato l'intervento di alte personalità dell'arte italiana dell'epoca. Arnolfo di Cambio, secondo alcuni, avrebbe curato tale lavoro. E poi Nicola e Giovanni Pisano, Antonio Baboccio, Tino di Camaino, Giovanni da Nola. In epoca più recente, anche Cos
imo Fanzago lasciò traccia del suo ingegno in San Lorenzo.
Quello che importa è che, la rivoluzione architettonica dettata a Narbonne, ha sconvolto la concezione con cui era stata costruita la precedente basilica paleocristiana, a tre navate.
Sul pavimento, sotto i Vs. piedi, potete vedere dei listelli di ottone che individuano le colonne ed il perimetro del precedente corpo di fabbrica, che si estendeva per 24 mt. di lunghezza. La larghezza, era pressoché pari a quella attuale (60 cm in meno), ma ripartita su tre navate anziché una.
Aveva un'abside di 4,5 mt di diametro.
E' curioso rilevare come si preferisse in genere iniziare la costruzione di una chiesa proprio dall'abside, in modo che da subito si potesse avere a disposizione l'area sacra da utilizzare per lo svolgimento dei rituali cattolici fin da prima che il manufatto venisse ultimato. Forse proprio per questo motivo ed in questo luogo rigorosamente circoscritto, i costruttori di cattedrali gotiche iniziavano, svolgevano e chiudevano ogni giorno di lavoro con precisi rituali sospesi tra sacrale e propiziatorio.
Sarebbe interessante anche qui, come nelle chiese gotiche francesi, rintracciare i simboli, vere e proprie "firme", che i lapicidi ed i cavatori di pietra solevano lasciare sulle pietre da loro lavorate, al fine di essere retribuiti, a fine giornata, in proporzione al lavoro da loro realmente effettuato.
Attorno al fulcro di San Lorenzo Maggiore, gravitano anche, e questo è forse l'a
spetto più godibile, piccole storie di vita quotidiana, talvolta tramandateci per aver coinvolto grandi personaggi.
E' qui che il giorno di sabato santo del 1336 è esploso l'amore di Giovanni Boccaccio per Maria d'Aquino, l'immortale Fiammetta del Filocopo, ed è qui che, poco più tardi, l'amante tradito darà sfogo al suo dolore.
E' ancora qui che Francesco Petrarca visse con tutti i napoletani, nella terribile notte del 1343 ricordata in una sua lettera a Giovanni Colonna (contenuta nel libro V delle "Epistole Latine", e dal titolo: "Francisci Petrarcae ad Ioannem Columnae tempestatem quam apud Neapolim omnium ingentissimam viderat exponentis"), il cataclisma che sconvolse la città. "Compatior tibi mea nobilis Parthenope. Te enim puto ruituram ad septimum Kalend. Decemb.", cioè: "Ti ho compassione, mia nobile e bella Partenope, per ciò che mi penso che abbi a ruinare alli 27 di Novembre, nell'anno millesimo trecentesimo quadrigesimo terzo"
L'accadimento era stato profetizzato da un eremita predicatore, e proprio a seguito di questa profezia il Poeta aveva cercato rifugio in San Lorenzo.
Si tratta, probabilmente, di quella stessa tempesta che la Cronaca di Partenope individua con data però disc
ordante: "In li vinticinque de novembro de la duodecima indizione, lo dì de martedì, in-de-la festa di S. Caterina, venne una grande tempestate di aiero e di mare, tanto grande per la divina permissione per tutto lo dì, acomenzando dalla notte passata, che guastao multi edifici che stavano appresso lo mare in-de-la città di Napoli e guastao una gran parte de lo molo Grande e de lo Picculo, e perero in-de-lo Molo Grande e Picculo multi navilii, in numero di cinquanta, con multe marcatanzie di gran valore".

L'aneddotica riporta che, dopo qualche anno da quest'evento, un predicatore in S. Lorenzo, tale frà Bonaventura, predisse un evento simile. Memore dei gravi danni riportati dalla città in quel frangente, "...il Duca d'Adri ... per paura fè fare una cassa di legname come fù l'Arca di Noé et andò a stare sopra Caserta, dove stette quietamente, non avendo avuto luogo la profezia del monaco troppo parlante". E poi ancora: "...un frate David, destatosi all'ore mattutine, con tutti li frati e con le sante reliquie nelle mani e con lungo pianto, dall'altra banda la regina con tutte le donne a piedi nudi, per la città scapillate con lagrimevoli voci, gridando placavano l'ire di Dio".
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Fino al XVI secolo, al soffitto in corrispondenza della controparete interna dell'ingresso, era sospeso il cocchio dorato su cui Alfonso I D'Aragona fece il suo ingresso trionfale nella città il giorno 26 febbraio 1443 (lo stesso carro visibile sul rilievo marmoreo dell'arco d
i trionfo di Castelnuovo).
La notte della Basilica fu lunga. Ripetuti terremoti ed incendii la "Posero in gran ruina". Il rifacimento della facciata ad opera di Ferdinando Sanfelice (XVIII sec.), conseguente al crollo di quella originale, ne costituisce testimonianza, oltre il perimento di molti reali sepolcri angioini e durazzeschi.
San Lorenzo,
fu anche polo di cultura religiosa per la città, creato in contrapposizione a quello laico voluto da Federico II nel 1224 con la creazione dell'Università. Fu in oltre sede, fino ai primi decenni del XVIII secolo, delle accademie letterario-filosofiche degli Infuriati (1617), e degli Oscuri (1679). Quivi trovarono sepoltura, in una cappella di cui resta ormai solo una lapide, anche le spoglie di Giovambattista della Porta.
Contribuirono infine al decadimento, le leggi Napoleoniche del 1808 sulla secolarizzazione dei beni ecclesiastici e quelle emanate nel 1866 a seguito dell'Unità d'Italia. Dopo difficili ed interminabili restauri, negli anni '50 del nostro secolo la chiesa fu definitivamente restituita alla città ed al culto, come la vediamo oggi: con i martoriati resti di un mai morto splendore, ma sanata dalla follia riformatrice che, dall'epoca barocca in poi, ci ha privato dei tanti patrimonii culturali più risalenti.
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NAPOLI
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.......un golfo di acqua cristallina che fu colonizzato intorno al IX secolo a.C. da navigatori e mercanti provenienti dalla Grecia e dall'Anatolia.
Il primo insediamento interessò la zona che va dal promontorio di Monte Echia, oggi Pizzofalcone, all'isolotto dove sorge il Castel dell'Ovo.
Quest'area prendeva il nome di Partenope, che secondo la leggenda era una sirena che respinta da Ulisse cercò la morte in mare.
Partenope diventa Neapolis e in seguito all'aiuto di Roma per difendersi dall'invasione dei Sanniti e degli Osci diventa foedus neapolitanum.
La città raggiunge la prosperità sotto l'impero di Augusto e Marziale la definisce Docta Partenope, per lo spirito ellenistico che la contraddistingue. Il 79 d.C. è l'anno dell'eruzione del Vesuvio che seppellisce Pompei, Ercolano e Stabia, un periodo difficile che continua sotto Diocleziano con la persecuzione dei cristiani, quando viene imprigionato e ucciso anche Gennaro, vescovo di Benevento.
Con la fine dell'impero romano iniziano le invasioni dei barbari e nel VI secolo Napoli passa sotto la dominazione bizantina. Nel 734 la città diventa Ducato e si distacca da Bisanzio, quindi finisce nelle mani dei Longobardi e poi dei Normanni.
Nonostante la resistenza, la città capitola sotto re Ruggero, nel 1130, e diventa parte di quel regno che ha come capitale Palermo. La dinastia normanna continua con Guglielmo I e Guglielmo II, seguiti da Tancredi e Guglielmo III, ma si estingue e la città passa sotto il
controllo della dinastia degli Svevi, durante la quale ad opera di Federico II di Svevia viene fondata l'Università. Nel 1263 Carlo d'Angiò prende possesso del Regno di Sicilia e riporta la capitale da Palermo a Napoli facendo costruire come residenza il Castel Nuovo, o Maschio Angioino, e sulla collina viene costruito Castel Sant'Elmo.
Ma nel 1442 Alfonso d'Aragona si impadronisce della città e riunisce il regno di Napoli e di Sicilia, segnando un periodo di fioritura artistica e culturale. La dominazione spagnola, dopo aspre lotte con i re francesi, inizia nel 1503 e dura due secoli.
Napoli si ingrandisce e via Toledo è destinata all'alloggio delle truppe nei famosi Quartieri Spagnoli. Il 1647 è l'anno della grande insurrezione guidata da Masaniello a cui segue, nel 1656, la peste che uccide due terzi della popolazione. Carlo di Borbone entra in città nel 1734, sotto il suo regno sorgono la Reggia di Capodimonte, la Villa Reale di Portici, l'enorme Albergo dei Poveri, e nel 1737 il Teatro San Carlo.
Nel 1799 Napoleone conquista Napoli e il re Ferdinando si rifugia in Sicilia, viene proclamata la Repubblica Napoletana, ma ben presto è restaurato il potere borbonico.
I francesi tornano a Napoli con Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, sostituito poi da Gioacchino Murat, generale di cavalleria che proseguirà una politica di riforme. Il Congresso di Vienna riconsegna il trono ai Borbone e nel 1848 Ferdinando II concede la costituzione.
Garibaldi entra a Napoli il 7 settembre del 1860 e costringe la famiglia reale a rifugiarsi a Gaeta. Con l'annessione al Regno di Sardegna la città perde il proprio ruolo e inizia un periodo di decadenza, di declino economico e politico a cui seguirà, durante le due guerre un
importante flusso migratorio verso l'America. Dopo un lungo periodo di trascuratezza, gli anni Novanta segnano una fase di rinascita sia sul piano urbanistico che sociale.

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La storia e la leggenda
di Masaniello
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Masaniello, è un giovane del quale sappiamo ben poco del suo passato, lo si conosce essenzialmente, per essere stato uno dei protagonisti dei moti scoppiati a Napoli nel 1647 in piazza Mercato.Nato a Napoli, di professione pescivendolo come il padre, guadagnava quel tanto che bastava per campare la famiglia.A volte tentato dai compagni, si recava al famoso Largo Castello, ora Piazza Municipio dove sciupava il suo guadagno per bere o per giocare nelle taverne del posto.A Napoli si viveva un periodo duro, l'imposizione delle "gabelle" sulla frutta e sulla farina diventava sempre più insopportabile, si era anche venuto a sapere che i
n Sicilia la popolazione si era ribellata a ciò ottenendo il 21 maggio 1647, dall'autorità spagnola, l'abolizione delle principali gabelle.Il 7 luglio 1647 i venditori di frutta proveniente da Pozzuoli, giunti al mercato si rifiutarono di pagare la gabella sostenendo che a pagarla dovevano essere i fruttivendoli di piazza Mercato, anche questi ultimi si rifiutarono di pagare.La scintilla del disordine si ebbe quando scese in campo l'Eletto del popolo, don Andrea Naclerio, che diede uno schiaffo al cognato di Masaniello, da quel momento la folla si inferocì.Masaniello è ben presto individuato come capo e guida dell rivolta, al suo fianco è il fratello Giovanni. I disordini si susseguiranno anche nei giorni successivi.Nelle giornate tra il 12 e il 13 luglio Masaniello raggiungerà il culmine della condizione di "eroe", lo testimoniano i risultati della sua azione. Sabato 13 luglio avviene finalmente la tanto attesa cerimonia della lettura dei Capitoli e della firma del trattato.I Capitoli, redatti da personaggi diversi, rappresentano l'esito delle rivendicazioni poste dai moti, nei quali sono sancite le conquiste popolari, in primo luogo l'eliminazione delle gabelle, vi sono anche l'indulto per i reati commessi nel corso della rivolta e il riconoscimento dell'armamento popolare, della struttura militare del popolo, della liberalizzazione del commercio dei generi alimentari ed il diritto di resistenza, riconoscendo al popolo il diritto di prendere le armi, senza che ciò venga considerato un atto di ribellione, in caso di inosservanza dei Capitoli e dei privile
gi.
Le due giornate successive, domenica 14 e lunedì 15, non presentano grandi avvenimenti.Di sicuro, già da qualche giorno, intorno alla data del giuramento dei Capitoli, il vicerè ha deciso di preparare la decapitazione del movimento con l'eliminazione di Masaniello.Il 16 luglio, proprio nel giorno della festa della Madonna Bruna in piazza Mercato, il capitolo Masaniello il Capitano del Popolo, si conclude tragicamente.Per la festa, la Chiesa era piena di gente, qui Masaniello, come se avesse sentore di ciò che stava per accadergli, salì sul pulpito della chiesa e con in mano un Crocifisso si raccomandò al popolo affinchè non lo abbandonasse, rammentandogli quanto aveva fatto per lui e, prima che si buttasse giù, fu preso da alcuni frati che lo portarono al chiostro per placarlo.Ma proprio quì erano quatto persone ad aspettarlo, ed alla prima favorevole occasione lo uccisero.La sua testa decapitata venne portata in giro per la città tra grida e pianti.A distanza di meno ventiquattro ore dalla sua uccisione, la figura di Masaniello, dal popolo napoletano, viene venerata quasi come una figura sacra, quasi come un santo.Il corpo e la testa di Masaniello vengono recuperate e ripulite. La Chiesa e la monarchia spagnola si opporranno strenuamente al riconoscimento della beatificazione e santificazione, ma solo con la forza popolare ha spinto il 17 luglio il cardinale Filomarino a svolgere in modo solenne quelle esequie.Nel volgere di appena una deci
na di giorni, un umile pescivendolo era diventato dapprima dell'emancipazione popolare dall'intellorabile giogo del potere spagnolo e della nobiltà. Quindi era diventato simbolo dela libertà, per tutta l'Europa. Infine, diviene appena ucciso mito, fino alla sacralità e alla santità, da ricordare, celebrare e venerare.Gli effetti della rivolta di Masaniello si vedono dopo la sconfitta del tentativo giacobino del 1799, anche allora il potere monarchico di Ferdinando IV, ritornato al potere, provvede a distruggere le vestigia del ricordo della vecchia rivoluzione popolare del 1647-48 e di Masaniello.E' proprio lui a ordinare la distruzione della tomba di Masaniello e la dispersione delle ossa che erano conservate lì. Saranno in seguito le bombe della seconda guerra mondiale a distruggere la lapide che si trovava sul portoncino del numero civico 177 a piazza Mercato, occorrerà attendere il centenario dell'unità d'Italia, il 1961, perchè vengano erette delle lapidi sui luoghi dell'uccisione e della sepoltura di Masaniello, nella chiesa del Carmine.